Нет, конечно, буду признательна наоборот! Я знаю,что есть ошибки. Почему и для Наили тоже хорошо бы исправить, просто здесь не было кому подсунуть на корректировку. 

Старалась как могла. Хорошая сказка!Хотелось Вам сделать приятное. 

Lituània

Egle

Una volta una serata tre sorelle facevano il bagno nel lago.

Dopo nuotare tanto, rumoreggiare molto sono uscite fuori nella riva.

Due sorelle maggiori si sono vestiti, sorella minore si chiamava Egle appena si è avvicinata con la mano alla camicia, ad un tratto sibila qualcuno a lei!

Egle ha guardato per bene – era la bìscia dentro la manica.

- Va via! – ha gridata la ragazza.

- Promettimi sposarmi, andrò via, - ha risposta bìscia con la voce umana. Egle ha arrabiata e sorelle hanno riso.

- È un sposo normale! – dicono. – Metti d’accordo, sorellina.

- E sono scappate a casa.

- Egle sono rimasta da sola sulla riva. Il sole è uscito, è venuto il buio. Egle ha preso paura e come potrebbe tornare a casa senza camicia?

Cara bìscia dammi la camicia! – chiede lei. Ma bìscia continua:

- Dimmi che sei la mia fidanzata.

Va bene, - ha gridato Egle, - d’accordo!

La bìscia è uscita dalla manica. Egle ha presa la camicia e via da sorelle.

L’altra mattina Egle ha messa seduta vicino alla finestra filare la lana. Mentre sta seduta fila e canta. Di bìscia già ha dimenticata. Ad un tratto si sente – nel cortile qualcosa ha frusciato e ha sibilato. Ha guardato dalla finestra e ha presa paura da morire.

Il cortile è pieno delle bìscie! Sibilano, girano. E tre più grandi, più grosse sono entrate alla soglia, nella fessura sotto la porta – e sono entrate a casa.

Egle – subito è scappata dalla stanza alla gabbia. É avvicinata all’angolo e trema dalla paura.

E le bìscie dicono a suoi padre e madre:

-Siamo venuti come pronubi dal proprio Zar dell’acqua di lago. Preparatevi la vostra figlia minore. Lei ha promesso a nostro Signore di sposarlo.

Cosa si può fare! Se anche il Re, ma sempre rèttile strisciato, bìscia fredda, - com’è possibile permettere a figlia amata di sposarlo! Ma anche dire “no” è impossibile - la ragazza ha dato la parola.

A questo tempo una vecchetta era loro ospite- Quella vechetta dice piano a padre e madre:

Date a loro un’oca bianca ma non figlia. Come le bìscie potranno capire!

Padre e madre hanno fatto proprio così. Hanno portata l’oca bianca e dicono ai pronubi:

- Ecco la nostra figlia minore. Portatela sposa subito a sposo.

Già l’hanno messa l’oca bianca al truogolo e la portavano dal cortile. Appena si sono aggiunti portone – sentono cùculo sopra lo steccato cuculia:

Cu-cu, cu-cu! L’hanno nascosta la ragazza, hanno proposta di sposare l’oca. Cu-cu!

Si sono tornate bìscie a casa, hanno sibilato, hanno fischiato – dateci una sposa vera.

Di nuovo la vecchetta sussurra a padre con madre:

Portate loro una pecora bianca.

Madre e padre hanno portata pecora bianca.

- Non volevamo di separarsi con figlia, - dicono,- ma cosa c’è da fare! Prendetela e portate a sposo.

- Le bìscie l’hanno portata pecora bianca. Hanno fatto meta della strada, ad un tratto dal’albero il cùculo cuculia di nuovo:

- Cu-cu, cu-cu! L’hanno nascosta la ragazza, hanno proposta di sposare la pecora. Cu-cu!

Le bìscie si sono tornate indietro.

- No, - dicono, - non è quella fidanzata. E di nuovo la vecchetta vicina consiglia:

- Date alle bìscie la mucca bianca.

Hanno portata la mucca bianca, l’hanno messo nastro rosso chiaro sul collo, hanno portato ai pronubi. Le bìscie l’hanno accompagnato fra il tutto villaggio fino all’ultimo punto. Lì dentro gli arbusti il cùculo sta sedendo e cuculia:

- Cu-cu, cu-cu! ! L’hanno nascosta la ragazza, hanno proposta di sposare la mucca. Cu-cu!

Si sono tornati i pronubi, dicono:

Arriviamo da voi con l’onore, e voi fate così! Tre volte ci avete fregato! Guardate, alla quarta volta ci fregate – succede disgrazia. Con i nostri denti rosicchiamo gli alberi vostri sui giardini, con le code rompiamo seminato sui campi.

Egle ha sentito queste parole e sono venuta dai pronubi.

- Io, - dice, - ha data la parola,e io rispondo. Accompagnatemi da sposo.

I pronubi strisciano per la strada, dopo i pronubi va Egle, dopo Egle le bìscie – la sposa si accompagnano da sposo. Il cùculo vola indietro loro, parla nella sua lingua:

Ma che bella sposa! Studiosa e bella, magra, come abete, rìccioli come da seta!

Si sono avvicinati da lago. L’acqua nel lago è diventata come una schiuma, ha ribollita e è uscita dalla riva. E nella sabbia sulla riva è venuto un ragazzo – bello, magro, con i vestiti cari.

- Sono tuo sposo, - ha detto ragazzo a Egle. - Mi chiamo Gialtis. Per altra gente sono una bìscia, ma per te, ragazza, ha buttato la pelle del serpente, a te solo ho aperto il mio nome. Mi amerai bella?

- Ti amerò, - ha detto Egle, - ti diventerò una moglie vera. – é seguita suo sposo nel regno sotto acqua.

Sono passati già 9 anni. Egle è diventata la mamma dei due maschi e una femmina. Viveva bene Egle. E i figli erano dolci, ubbidienti e marito la amava e difendeva. Solo è diventata triste Egle, le mancava la casa. É diventato regno sotto acqua pesante, ha voluto vedere padre e madre, traccambiarci con fratelli con le parole dolci, con sorelle cantare le canzoncine mentre filare la lana. Chiede a suo marito:

-Permettimi Gialtis andare a trovare i miei a casa, fare a vedere madre e padre i nostri figli. Ma Gialtis non permette.

- Ma stai male sulla regna di sotto acqua?- la chiede.

-No, bene, – risponde Egle, - si cattiva quella figlia, che dimentica i suoi padre e madre per sempre.

- Va bene,- dice Gialtis. – Ti do uscire, ma prima filami la lana d’oro.

-Egle ha messa seduta a filare. Un giorno fila, l’altro giorno, ma la lana rimane la stessa quantita, sembra anche di più. E vecchia bambinaia , quale badava la figlia minore, ha guardato, come Egle fila la lana, ha girato la testa e dice:

- anche dopo avere la mia l’età non finirai tutta lana.

- Ma cosa posso fare, cara bambinaia? - chiede Egle.

- Arroventa il fèrro nel fuoco e metti dentro la lana.

Ha preso Egle il fèrro , l’ho arroventato e l’ho messo dentro la lana – ad un tratto è uscita fuori grande ranocchia. Questa ranocchia stava seduta dentro la lana e uscivano dalla sua bocca i fili d’oro. Egle da una parte filava la lana, da l’altra la lana diventava più lunga. E adesso ha finito tutta la lana durante una notte.

Di mattina porta al marito tutta la lana e dice:

-Cosa mi ha detto ho fatto. Adesso tocca te fare quello che mi hai promesso.

-Bene,- ha risposto Gialtis,- non nego le mie parole. Ti do uscire da mdre e padre, quando finisci queste scarpe.

Gialtis ha preso dalla sedia le scarpe di ferro e le ha dato alla moglie. Le ha messe scarpe di ferro. Dalla mattina alla sera va sopra le pietre a punta, va sulle roccie, ma sopra la suola non rimane nemmeno una grafia!

Bambinaia guarda a lei e gira la testa:

-Perche soffri cara figlia. Cent’anni vivrai – cent’anni le scarpe rimangono come nuove.

- Insegnami, cara bambinaia, cosa fare!- chiede Egle.

- Portagliele a fabbro e digliele buttare nel fuoco. Così ha fatto lei. Fabbro ha arroventato il fèrro nel fuoco – è diventato come vetro sottile e fragile. In un ora le sono finite Egle.Arriva da marito e dice:

- Adesso mi fai uscire?

- Ti faccio uscire,- dice Gialtis. – Ma solo come vieni a casa senza la torta di lepre? Guarda, la gente ti giudicherà – dirà sei troppo orgogliosa.

E Egle ha ricordato. Ancora quando era piccola e succedeva madre e padre uscivano da qualche parte, mai tornavano senza di niente. Portano la torta, daranno a ogni bambino un pezzo e diranno queste parole: “Andavamo per la strada, ci siamo venuti a casa di lepre, lepre ha preparato una torta per noi, ecco il pezzettino per voi”. É cosi sempre stato per tutta Lituania. Egle ha avuto vergogna, che ha dimenticato le tradizioni dei nonni, e andata a correre preparare la torta. E il marito pian piano tutti i secchi e i vasi ha nascosto, ha lasciato solo setaccio. Come portare l’acqua con setaccio, come impastare la pasta? L’acqua esce, farina va via.

E qui vecchia bambinàia ha dato la mano. Ha preso pane di sègale e ha chiuso i buchi. Egle ha impastato la pasta dentro il setaccio – senza cadere nessun goccia d’acqua, senza fare uscire nessuna manciata di farina.

Ha preparato la torta e ha salutato il marito.

Marito le dice:

- Più di 9 giorni non stare a casa. E guarda quando torni nessuno ti deve accompagnare. Rimani ferma sulla riva e chiamami così:

Se sei vivo ancora mio amico prezioso – Muoveti, l’acqua corrente,

Vieni schiuma dall’abisso,-

Schiuma bianca, di latte!

Se mio amore è uciso e sta dentro l’abisso –

Sopra l’onda bolle

Schiuma rossa, di sangua.

E voi, figli miei, e tu, figlia, mi date la parola: di quello che sapete non raccontare a gente.

Hanno dato la parola i figli.

E Gialtis è diventato una bìscia e ha portato la moglie e i figli sulla riva del lago.

Quanta era gioia, quando Egle con i suoi figli ha bussato alla porta di cara casa!

Padre e madre non smettono di guardare alla figlia e ai nipotini, sorelle e fratelli non smettono di parlare.

Solo i vicini non vengono a loro casa e dicono:

é tornata una bìscia con i piccolini. Bene che non ha portato suo marito. Speriamo che non succede nulla!

- I fratelli dispiace. Hanno iniziato insistere a sorella:

- Rifiutati dal marito, rimani con noi per sempre. E viene marito a prenderti – noi non ti diamo indietro. Egle risponde:

- Non è giusto parlate voi, fratelli. Come possibile pa la moglie rifiutare il marito vivo, come possibile lasciare i figli senza papà? E se non torna a prendermi mio marito – io da sola, quando arriva il tempo, lo chiamo dall’acqua del lago.

- E come lo chiami?

- Fratelli, fratelli,- risponde Egle, - non voi lo chiamate e non voi di questo sapete. E meglio non chiedere a me, non vi dirò in ogni caso.

E Vecchetta vicina insegna i fratelli.

Non da questa parte,-dice, - avvicinatevi. Quello che non dice la madre – i bambini piccoli diranno.

Una notte i fratelli hanno deciso pasturare i cavalli al bosco e hanno preso il figlio maggiore di Egle. Nel bosco li hanno portati i cavalli sull’erba verde, hanno fatto il fuoco e hanno iniziato di chiedere il ragazzino, come si chiama tuo padre e cosa bisogna a dirgli per chiamarlo.

Niente gli ha risposto il figlio maggiore. Con carezza lo chiedono – sta zitto, lo picchiano – solo piange.

E allora, - dicono i fratelli, - e questo sono come la madre, con minore magari andiamo d’accordo.

Di mattina sono tornati a casa. Egle chiede a figlio:

- Perchè figliolo hai gli occhi rossi?

- Nel bosco il fuoco brucciava col fumo, - gli risponde figlio, - ecco perchè gli occhi sono diventati rossi.

- Nella prossima notte di nuovo i fratelli sono andati pasturare i cavalli al bosco e hanno chiamato il figlio minore di Egle. E anche da lui niente non hanno saputo.

Sono tornati di mattina a casa. Egle ha guardato a figlio e chiede:

- Perchè figliolo hai gli occhi rossi? Mica ti hanno offeso gli zii?

- No, non mi hanno offeso, - le risponde il figlio. – Io non ho dormito tutta la notte, facevo il custode ai cavalli, e per quello sono diventati gli occhi rossi.

E la terza notte hanno deciso di andare al bosco i fratelli. L’hanno accarezzata piccola nipotina e con se l’hanno presa.

Era lei a madre e bambinàia la figliola amata. Nessuno l’ha toccata neanche con il dito, non ha detto nessun parola brutta. E hanno iniziato a chiederla. Lei ha abbassato gli occhi per la terra, sta zitta e solo gira la testa: “Non so di niente”.Ma quando spavento le hanno fatto prendere con una verga, ha iniziato tremare, è diventata bianca come scialle e ha raccontato tutto. E come si chiama suo padre e cosa bisogna dire per chiamarlo – tutto ha detto. E agli zii solo questo e volevano. E anche l’hanno detto che non dirà a mamma nessun parola, e l’ha portata a casa.

Hanno prese le falci e sono andati al lago. Hanno fatto loro sporca cosa, le falci hanno puliti all’erba e sono tornati indietro. Ma appena hanno iniziato le falci stendere nel posto suo, ha sentito Egle il rumore del ferro e il suo cuore è rimasto compresso.

- Ma perchè i fratelli, -chiede, - vi siete alzati così presto a lavorare?

I fratelli rispondono:

L’erba fitta con rugiada di mattina si abbassa meglio.

Ma l’anima di Egle non è tranquilla. Nello stesso giorno ha deciso di tornare indietro da marito. Dalla soglia ha salutato madre e padre, vicino al portone ha salutato le sorelle, ha abbracciato i fratelli – a nessuno ha permesso di accompagnarla. É avvicinata con i figli al lago, è fermata alla riva e ha detto, come l’ha insegnata il marito:

Se sei vivo ancora mio amico prezioso – Muoveti, l’acqua corrente,

Vieni schiuma dall’abisso,-

Schiuma bianca, di latte!

Se mio amore è uciso e sta dentro l’abisso –

Sopra l’onda bolle

Schiuma rossa, di sangua.

E voi, figli miei, e tu, figlia, mi date la parola: di quello che sapete non raccontare a gente.

Hanno dato la parola i figli.

É salita l’acqua del lago, è venuta la schiuma. Ma non bianca la schiuma sopra le onde si muove, non bianca, come latte, ma rossa come la sangua. E dal fondo si sente la voce:

Nell’ora della nebbia,

nell’ora dell’alba

Ero ucciso dalla gente cattiva.

Cara figlia,

ma perchè

ha detto il nome del babbo?

Ha pianto Egle. Dopo ha girato dai figli e ha detto:

- Non avete più il padre dolce, e non ho io più marito amato. Nessuno ci aspetta nella regna di sotto l’acqua, ma insieme con brutti assassini non possiamo di vivere. E succederà così come dirò:

I cari figli miei,

Avete tenuto la parola forte –

Diventate quèrcia e fràssino,

Non inchinare, state orgogliosi.

Ma tu, figlia piccolina,

Non ha avuto nella disgrazia

L’anima dura,

diventi trèmolo senza corraggio,

Muovi sempre i fogli.

Io divento un’ abete triste

Divento un abete scura e molto triste,

è cadono le lacrime d’ambra,

Di notte piango insieme con tormènta di neve.

E come ha detto, così è successo: il figlio maggiore è diventato una quèrcia alta, minore – un fràssino, e la figlia – trèmolo mosso;

E Egle è diventata un abete scuro. Da quel tempo ci sono nella terra abete, quèrcia, fràssino e trèmolo. Come una vedova triste inchina abete i suoi rami per la terra. Appena arriva il vento – trema come dalla paura i piccoli fogli di trèmolo. Ma quèrcia e fràssino hanno i tronchi duri e forti, come il cuore della persona fedele. E perchè è così? Sa solo quello chi ha sentito dai nonni di povera Egle e dei suoi figli.